Intelligenza Artificiale e Paranormale: Spunti di riflessione
Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale (IA) ha oltrepassato i confini della ricerca accademica penetrando anche in territori tradizionalmente riservati alla spiritualità e al paranormale. Dalla metafonia alla tavola Ouija, fino agli avatar dei defunti, la convergenza tra tecnologia e trascendenza sta ridefinendo il modo in cui l’essere umano cerca risposte oltre il visibile.
Metafonia e intelligenza artificiale: tra scienza e suggestione
La cosiddetta metafonia, o “comunicazione con l’aldilà attraverso suoni e voci registrate”, è da sempre uno dei campi più controversi della ricerca paranormale. Con l’arrivo dell’intelligenza artificiale, tuttavia, questo fenomeno ha assunto nuove sfumature: i software di analisi audio e i modelli generativi rendono oggi possibile l’elaborazione automatica di frammenti sonori e rumori di fondo, producendo talvolta risultati che l’orecchio umano interpreta come parole o frasi coerenti. Ma proprio qui entra in gioco la psicologia cognitiva. Il cervello umano, programmato per riconoscere schemi e significati anche nel caos, è soggetto alla pareidolia verbale: la tendenza a percepire suoni casuali come parole note. Fenomeni come la validazione soggettiva e l’attenzione selettiva amplificano l’effetto, spingendo l’ascoltatore a credere che l’apparecchio risponda a domande o pensieri personali. In realtà, spesso si tratta di un sofisticato gioco di aspettative e proiezioni cognitive.
App per parlare con i defunti
Le applicazioni non comunicano con i defunti, ma simulano la struttura linguistica di una risposta, attingendo da un vocabolario interno calibrato su termini legati al lutto, alla spiritualità e alla memoria affettiva. Il risultato è una conversazione che sembra personalizzata — talvolta inquietantemente aderente al vissuto dell’utente — ma che in realtà nasce da meccanismi statistici e psicologici ben noti: la tendenza umana a proiettare senso e intenzione su pattern casuali (apofenia) e la già citata validazione soggettiva. L’illusione viene amplificata dal contesto emotivo. Chi interagisce con queste applicazioni è spesso in una condizione di vulnerabilità affettiva: cerca conforto, continuità o una conferma che la persona amata non sia scomparsa del tutto.
Questo stato mentale favorisce la sospensione del giudizio critico e trasforma la semplice probabilità linguistica in un segno “significativo”. Da un punto di vista etico, l’esistenza di queste app solleva questioni delicate. Il rischio non è tanto tecnologico quanto antropologico: la perdita della consapevolezza che il “dialogo” non avviene con un’entità esterna, ma con un riflesso algoritmico dei nostri stessi pensieri e desideri.
Si tratta, in fondo, dell’antica funzione dello specchio: non ci mostra chi ci parla, ma chi vogliamo ascoltare. Per difenderci da alcune di queste forme di auto-inganno (quando non ci sono cattive intenzioni) è sufficiente tornare a fare metafonia attraverso i metodi “tradizionali”, rumore bianco, registratore e domande.
App creata con chat GPT, proviamo insieme?
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Anche la tavola Ouija, oggetto simbolico per eccellenza delle pratiche spiritiche, è oggi reinterpretata in chiave tecnologica e psicologica. L’esperienza della planchette che si muove “da sola” può essere spiegata dall’effetto ideomotorio – piccoli movimenti inconsci prodotti dai partecipanti – ma rimane un potente dispositivo di proiezione collettiva.
Nel contesto delle ricerche condotte personalmente, si sono osservati casi in cui le risposte ottenute sembrano possedere una coerenza simbolica sorprendente. In un episodio, ad esempio, alcune lettere sono emerse durante una seduta ed hanno coinciso con dati personali di una persona recentemente scomparsa, ignota ai partecipanti. Esperienze di questo tipo, pur difficili da spiegare con rigore scientifico, rivelano quanto la dimensione simbolica e psicologica dell’esperienza medianica resti tuttora centrale e quanto nonostante esistano insidie di ogni natura, il contatto medianica sembrerebbe possibile e reale.
L’intelligenza artificiale come medium digitale
L’ibridazione più inquietante, però, arriva con la “grief tech” – la tecnologia del lutto. Grazie ai modelli di deep learning e alle reti neurali generative, è ora possibile creare repliche digitali di persone defunte, capaci di dialogare, ricordare e persino reinterpretare esperienze condivise. Questi sistemi, inizialmente concepiti come strumenti di elaborazione del dolore, sollevano interrogativi etici profondi: dove finisce la memoria e dove inizia la simulazione?
A differenza delle prime forme di “chatbot commemorativi”, le versioni più recenti non si limitano a ripetere frasi preimpostate. Si tratta di entità adattive, in grado di apprendere e generare risposte nuove, modellando una sorta di presenza artificiale persistente. L’interazione con questi avatar può diventare un’esperienza potentemente emotiva, al limite del paranormale, estremamente pericolosa per la psiche delle persone che ne fanno uso.
Conclusioni: tra fede, scienza e algoritmi IA
L’incontro tra intelligenza artificiale e fenomeni paranormali rappresenta una frontiera in cui convergono psicologia, neuroscienze, tecnologia e spiritualità. Le dinamiche cognitive che un tempo alimentavano la metafonia e le sedute spiritiche trovano oggi un nuovo spazio nell’interazione con sistemi intelligenti e questo rende ancora più complessa la ricerca di una forma di contatto genuina e diretta. Che si tratti di illusioni percettive o di nuove forme di comunicazione, l’uomo continua a cercare nel mistero tecnologico la stessa cosa che cercava nella nebbia delle antiche sedute medianiche: un segno che qualcuno, o qualcosa, risponda dall’altra parte ma oggi, a differenza di ieri, quel qualcuno o quel qualcosa potrebbe essere del tutto artificiale.